venerdì 17 aprile 2015

Che cos'è un padre?

Sono stata colpita da una frase che mi è stata detta ultimamente da una persona cara.

"Per me lui non è mio padre. Non lo è mai stato. Non so come sia avere un padre."

Allora mi sono domandata che cosa voglia dire essere un padre. Credo che ancora, nell'immaginario collettivo essere madre è più chiaro che essere padre.
La madre è quella che ti accudisce, ti consola, ti accoglie, sempre e comunque, che ti ha dato la tua vita e ti darebbe la sua. Il padre anche?
Non saprei dirlo. Io so come è stato mio padre. Era un padre ingombrante, presente, rumoroso, qualche volta invadente.
Il suo modo di occuparsi di noi era provvedere economicamente per la famiglia. Non ha mai avuto un lavoro dipendente e ogni giorno, diceva, doveva inventarsi il suo guadagno, inseguire i clienti, controllare che lo pagassero, trattare con persone difficili, e certo non era il suo forte.
Ho mai potuto pensare di lui che non fosse un padre? Non un buon padre, semplicemente un padre. Ancora, una volta, che vuol dire?

Forse associo il padre, mio padre alla dignità dell'onestà e del lavoro. 
Mio padre aveva orrore dei debiti, per lui era un problema persino fare le rate, e quando ha potuto farlo ha estinto il mutuo della casa, anche quel debito, ormai così comune per lui era inaccettabile.
La mia famiglia non è mai stata benestante e io mi sono mantenuta agli studi con il mio stipendio da impiegata diplomata, quando mio padre mi vedeva tornare la sera dall'ufficio, dopo nove o dieci ore di lavoro e mi vedeva stanca, china sui libri, mi diceva:
- Se non te la senti, puoi lasciare, papà te la paga l'università.
Ma io scuotevo la testa, ci tenevo a non pesare. Ce la facevo a lavorare e studiare. Ho tenuto duro.

Quando mi sono laureata ha detto che è stato il giorno più bello della sua vita. 
Non credo fosse vero, ma non importava. Credo che gli pesasse il fatto che avessi scelto di pagarmi gli studi, che sentisse di non aver fatto abbastanza per me. 
E io so che molti pensano che il lavoro, la fatica, non sia di per sé un valore, e forse non lo è, ma per me sapere provvedere per me stessa, non dovere niente a nessuno, continua a essere, ancora oggi, qualcosa di cui essere fiera, e questo me lo  ha trasmesso mio padre.

Quando papà è morto era ottobre, aveva smesso di lavorare solo qualche mese prima, aveva 81 anni.
Un suo amico ha detto al suo funerale: è morto giovane, come voleva.
E può darsi che sia questa la chiave, che vuol dire avere un padre, io l'ho saputo il giorno in cui non l'ho avuto più. 
Era l'uomo di cui cercare la mano nei momenti più bui, più di quanto non avrei cercato l'abbraccio di mia madre, protezione, prima della consolazione, c'era stato sempre quando avevo avuto bisogno di sentirmi forte.  E ora non più, mai più.
Eppure certe volte penso: ho tanto di mio padre dentro di me, che per staccarmi da lui che lui sia morto non basta, dovrò morire anche io. 

E forse neanche allora, e come quando da piccola  avevo paura, dall'altra parte troverò la sua mano ad aspettare la mia.

giovedì 9 aprile 2015

Gli amici si vedono nel momento della felicità

Dobbiamo smetterla di alimentare un'annosa menzogna, quella secondo la quale gli amici di vedono nel momento del bisogno.
L'amicizia vera, secondo questa vecchia e diffusa credenza, si vedrebbe quando siamo nella disgrazia, quando stiamo male. I veri amici accorrono al nostro fianco quando siamo in lacrime, quando non ne possiamo più.

Nulla di più falso. Che ci vuole, dico io, che ci vuole? A meno che non siamo specialisti della lagna multipla, se siamo dotati di un minimo di autoironia, in grado di pagarci una pizza, o abbiamo un forno funzionante, troveremo con la massima facilità qualcuno che sia al nostro fianco per sentirci sciorinare le nostre difficoltà, sostenendoci e godendo di una serie di vantaggi secondari non da poco:

- pensare: meglio a lui che a me;
- sentirci saggi
- farci apprezzare di più quello che abbiamo
- sentirci utili
- scansare cene a cui non avevamo voglia di andare con la scusa: "sai, il mio amico sta tanto male..."

e potrei continuare all'infinito.

Gli amici, quelli veri, sono quelli che ti restano accanto nel momento della felicità. Sono quelli che, senza provare neanche un minimo di larvata invidia possono vederti volare vari metri sopra il cielo, sentirti sciorinare la magnificenza del partner di turno, decantare la meraviglia del posto in cui sei in vacanza, del meraviglioso lavoro che hai finalmente trovato, che realizza tutti i tuoi sogni, la tua illimitata potenzialità creativa e ti fa anche rimorchiare, senza doversi ripetere in continuazione mentalmente "tanto non dura, tanto passa...".

Ed è proprio il fatto che conosciamo questa verità che, secondo me, ci spinge a nascondere i nostri successi, a rispondere raramente o mai "benissimo" a chi ci chiede come stiamo, e a andare in giro come araldi del lamento (sapendo che NESSUNO dei nostri cari amici prenderà sul serio i nostri post trionfali su Facebook).

Perché preferiamo essere lamentosi e circondati di umana solidarietà che svettare felici e solitari nel vento.

Concludendo, se vogliamo sapere chi ci è amico davvero, nella remota ipotesi dovesse capitarci di essere felici, guardiamoci attorno e vediamo chi è restato.

E comunque, sappiate, io sto DAVVERO male.

lunedì 6 aprile 2015

Gli amori degli altri

Gli amori degli altri sono sempre banali. E noi sapremmo che dire e che fare.
Gli amori degli altri sono sempre facili da tagliare, chiudere, mandare all'aria. Sono aritmetici
da valutare e giudicare.
Gli amori degli altri sono dei libri aperti. E noi conosciamo bene il sommario, e la parola fine. Non abbiamo dubbi su come si sfoglino le pagine. Non ci sono colpi di scena, per noi è già tutto previsto.
Gli amori degli altri non ci fanno soffrire. Ci fanno ridere, sono un film già visto.
Gli amori degli altri sono sempre sbagliati.
E non ci perderemmo un attimo.
Perché sappiamo che se non funziona non funzionerà.
E se non è vicino a te è perché non vuole starci.
E se non ti chiama è perché non vuole chiamarti.
Non ci sono paure nascoste. O blocchi profondi. Oscuri nemici. O persino fattucchiere che tramino nell'ombra. In amore se non è "sì" è "no". Il "forse" non esiste.
Sono semplici gli amori degli altri.
Quale meravigliosa fortuna, che a noi, gli amori degli altri, non capitino mai.