Ho rivisto il volto pallidissimo di mia madre sul cuscino dell'ospedale, la mia immobilità di ghiaccio, accanto al suo letto, tesa come un sasso, impossibilitata, con le lacrime che mi sfuggivano da tutte le parti, come se a piangere non fossero stati solo gli occhi. Lacrime fitte che scendevano impudenti a confessare un dolore immenso che neanche io volevo riconoscere.
E ho sentito, dentro di me, incredibilmente, che mi manca quel dolore, perché quel dolore era la pena di quando lei era ancora viva e io mi straziavo per la paura che morisse. E ora resta solo un dolore quieto, un dolore che non morde più, un dolore che è passato. E' la nostalgia della speranza disperata che era in fondo al dolore, è la nostalgia dell'amore che quel dolore proteggeva, un dolore che non ha più senso, nonostante l'amore sia rimasto.
Come un bambino che non piange più nel buio, perché sa che nessuno arriverà a consolarlo.